venerdì, 22 Novembre, 2024
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Cgil e Inca di Milano: “Vince il lavoro, vince il 1° maggio anche per i diritti delle persone detenute”

Non solo il quarto, ma anche il quinto vien da sé: dopo le sentenze del Tribunale di Milano del novembre 2021 e di dicembre 2023 e quella di Busto Arsizio del luglio 2023, due nuovi recenti pronunciamenti del Tribunale di Milano hanno accolto i ricorsi di due lavoratori detenuti assistiti dalla CGIL Milano, riconoscendo che l’indennità NASpI spetta anche ai detenuti che hanno prestato attività lavorativa per l’amministrazione penitenziaria.

In una nota la Camera del Lavoro di Milano e il patronato Inca sottolineano: “Senza entrare nel dettaglio delle posizioni individuali, è interessante evidenziare come le motivazioni delle due sentenze vadano, da un lato, a smontare sotto l’aspetto normativo, punto per punto, le obiezioni avanzate dall’INPS per respingere le domande, mentre da un altro, confermino una linea di giudizio in materia che ormai possiamo definire solida e costantemente favorevole ai richiedenti“.

“Le parole dei due pronunciamenti sono infatti per l’ennesima volta molto chiare nel riconoscere che non esistono specifiche previsioni, nella norma istitutiva della Naspi, che escludano il riconoscimento della indennità ai detenuti. Anzi: è proprio la posizione assunta dall’Inps, secondo il quale il lavoro prestato per l’amministrazione penitenziaria ha carattere del tutto peculiare e non può determinare l’accesso all’indennità di disoccupazione, a non avere alcun fondamento”.

Sotto questo aspetto, le pronunce sono praticamente sovrapponibili, ne citiamo una a titolo esemplificativo:“Alla luce della normativa citata, il lavoro penitenziario alle dipendenze del Ministero della Giustizia e quello “libero” subordinato sono assimilabili: pertanto non possono sussistere ragioni per escludere il diritto alla Naspi qualora ricorrano tutti i presupposti previsti dalla normativa specifica. Peraltro non vi sono differenze tra lavoro penitenziario svolto all’interno alle dipendenze del Ministero e quello reso all’esterno in favore di un soggetto terzo (artt. 15, 2°, 25 bis della legge 354/1975 e artt. da 47 a 53 del DPR 230/2000).”

Citiamo ancora testualmente da una delle due sentenze: “va osservato che la peculiarità del lavoro penitenziario non può consentire l’introduzione di un trattamento differenziato tra i detenuti e gli altri cittadini in materia di assicurazione contro la disoccupazione” andando addirittura a fondare tale decisione richiamando la Costituzione: “Gli articoli 35, comma 1, 38, comma 2 e 27, comma 3 della Costituzione sanciscono la tutela del lavoro “in tutte le sue forme e applicazioni” da parte della Repubblica; il diritto a che siano previsti e assicurati ai lavoratori “mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia … disoccupazione involontaria”; che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Queste parole sono tanto più importanti, quindi, perché oltre al riconoscimento individuale per i due richiedenti, rappresentano una nuova vittoria per la dignità del lavoro e per la nostra Costituzione, che attribuisce alla pena una funzione di rieducazione e di reinserimento sociale.

Addirittura: “Può ben affermarsi, anzi, che il lavoro carcerario è tanto più rieducativo quanto più è uguale a quello dei liberi.”

Un’ennesima vittoria contro una discriminazione insopportabile e ingiustificata, alla quale la nostra organizzazione si è opposta, si oppone e continuerà ad opporsi, con ancora maggiore forza e convinzione alla luce dei tanti pronunciamenti favorevoli che stiamo collezionando in tribunale.

“Chiediamo con forza – dicono Cgil e Inca – che Inps riveda le sue posizioni e riconosca la NASpI ai detenuti che hanno lavorato alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, senza la necessità di cause che, ricordiamolo, rappresentano un aggravio di lavoro e di tempo, oltre che di costi per la pubblica amministrazione, e stanno vedendo sempre l’Istituto soccombente. Naturalmente, finché questo non avverrà, noi proseguiremo la nostra battaglia, continuando a raccogliere le domande di NASpi tra i detenuti degli istituti penitenziari milanesi e presentando ricorsi a fronte di respinte ingiuste e immotivate”.

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