mercoledì, 5 Febbraio, 2025
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Presentati oggi in conferenza stampa i risultati dell’indagine CGIL sui disoccupati

Milano, 4 febbraio 2025 – La CGIL Milano ha condotto un’indagine sulle transizioni occupazionali attraverso il Servizio di Orientamento al Lavoro (SOL) e lo sportello Politiche Attive del Lavoro, analizzando le esperienze dei disoccupati tramite laboratori collettivi e questionari somministrati – in quattro ondate a distanza di tre mesi – ai percettori di Naspi che si sono rivolti al patronato Inca Cgil. L’indagine è stata curata da Rocco Dipinto, dipartimento mercato del lavoro.

Dall’analisi di 3.800 questionari pervenuti tra febbraio 2022 e febbraio 2024, sono emersi i seguenti dati:

  • Profilo demografico: L’età media dei disoccupati si aggira attorno ai 50 anni, con difficoltà di reinserimento per i lavoratori maturi.
  • Inattività: Circa il 20% degli intervistati non cerca lavoro, con differenze di genere: gli uomini spesso per pensionamento, le donne per motivi di cura (soprattutto figli per i migranti, anziani per gli italiani).
  • Sostegno e formazione: molti disoccupati non si sentono adeguatamente supportati dai Centri per l’Impiego e dalle Agenzie per il Lavoro. Solo una minoranza accede alla formazione professionale, nonostante l’obiettivo europeo di rioccupazione nei primi quattro mesi.

Qualità della rioccupazione:

  • La maggior parte dei nuovi contratti è a tempo determinato, con una tendenza al peggioramento delle condizioni retributive rispetto al passato.
  • Un terzo dei rioccupati guadagna meno dell’indennità di disoccupazione.
  • Molti lavoratori non riescono a progettare il proprio futuro e non vedono prospettive di lungo periodo nel nuovo impiego.

Aspettative e richieste:

  • Posto di lavoro ideale: Stabilità e retribuzione sono le priorità principali, seguite dalla vicinanza alla residenza.
  • Priorità politiche: Salario minimo, sanità e sicurezza sono le principali richieste degli intervistati, con una generale richiesta di maggiore intervento pubblico per garantire condizioni di vita dignitose e ridurre il rischio di esclusione sociale.

Il lavoro in somministrazione

La somministrazione del lavoro, inizialmente concepita come strumento per supportare le aziende durante picchi di attività, è evoluta in una pratica che oggi copre una fetta significativa del mercato, soprattutto in Lombardia e Milano. “L’uso della somministrazione si è ampliato – spiega la segretaria generale Nidil Milano Claudia Di Stefano – includendo contratti a tempo indeterminato (staff leasing), ma ha anche generato un fenomeno di sostituzione dei lavoratori diretti con quelli somministrati, con tutele inferiori. Il controllo effettuato su un campione di aziende ha evidenziato che l’85-90% dei lavoratori in somministrazione non riceve la parità di trattamento prevista dalla legge, in particolare riguardo a retribuzione, inquadramento e diritti come ferie e permessi”.

Nonostante il contratto collettivo di somministrazione garantisca alcune tutele, l’effettiva applicazione di queste norme è spesso carente, con pratiche come il ricorso a premi di produttività  non correttamente riconosciuti. La somministrazione, quindi, sta diventando uno strumento per ridurre i costi del lavoro e abbattere i diritti, creando una situazione di dumping contrattuale.

Il fenomeno delle dimissioni

Parallelamente, l’indagine sul mercato del lavoro milanese evidenzia una crescente instabilità nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato. I dati più recenti indicano una cifra di 225.872 dimessi nella città metropolitana di Milano da un lavoro a tempo indeterminato durante il periodo che va dal 1° gennaio 2023 al 30 settembre 2024, circa il 60% dal dato complessivo dei cessati.  Di questi, più di 7.000 provengono dalla pubblica amministrazione, settore che in passato rappresentava un sicuro e definitivo approdo capace di garantire sicurezza e stabilità.

Le dimissioni coinvolgono in larga misura lavoratori sotto i 34 anni, spesso supportati dalla famiglia. La soddisfazione lavorativa a Milano è inferiore alla media nazionale, con insoddisfazione diffusa su stipendio e prospettive di carriera.

Questa mobilità riflette anche una ricerca di senso nel lavoro, che privilegia valori come equilibrio vita-lavoro, partecipazione e impatto ambientale, in contrasto con le rigidità del lavoro subordinato tradizionale.

“Il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro – sottolinea Antonio Verona, responsabile dipartimento mercato del lavoro –  è aggravato da un sistema produttivo che fatica ad attrarre competenze qualificate, alimentando la fuga verso mercati esteri più competitivi. Per affrontare questa crisi, si rende necessario un adeguamento delle politiche del lavoro, basato su nuove forme di partecipazione e su una revisione del concetto di condizionalità occupazionale”.

“Un orribile spreco”

Valentina Cappelletti, segretaria Cgil Milano, commenta: “Le persone che la Cgil ha intercettato tramite i questionari e il lavoro del Sol sono persone a cui piace il proprio lavoro, nonostante le condizioni in cui sono costretti a svolgerlo. Sono persone che hanno una professionalità che dovrebbe proteggerli dalla disoccupazione, ma così non è. E’ un “orribile spreco”, per usare le parole di una famosa economista”.

“Le persone sono esposte al rischio continuo di disoccupazione a causa delle condizioni strutturali dei contesti in cui lavorano, unite alle lacune degli interventi pubblici. Le politiche pubbliche oggi dovrebbero occuparsi del cosiddetto re-skilling, ma l’offerta di formazione adeguata si trova con molta fatica. Quindi non solo cercare lavoro è un lavoro, ma anche cercare una formazione all’altezza del proprio fabbisogno è un lavoro”.

La dirigente sindacale prosegue: “È evidente che chi offre percorsi di accompagnamento non riesce a curare una domanda di lavoro malata, che in questo Paese nessuno, ad eccezione delle organizzazioni sindacali, si pone il tema di curare. Una domanda di lavoro malata espone le persone al rischio di disoccupazione o sfruttamento lavorativo”.

Cappelletti conclude: “L’Italia ha un tasso di occupazione che in qualche modo ‘cresce’, come in tutti i principali paesi europei, ma abbiamo un reddito reale che continua a scendere: si chiama sfruttamento. Indica il fatto che, quando le persone sono messe in condizione di lavorare, generano una produttività tecnicamente sempre superiore a quella che viene riconosciuta loro attraverso le retribuzioni. Vengono pagate meno di quanto mettono a disposizione quando lavorano”.

Leggi qui i risultati dell’indagine Cgil Milano

Leggi qui l’approfondimento sulle dimissioni

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